venerdì 29 dicembre 2017

-Sta cazzo di Napoli.

Mannaccia la miseria.
Mattia adesso sicuramente mi consiglierebbe di evitare di iniziare con le parolacce.
Io devo solo seguire il flusso.
Sto in una situazione fortunata e rara: sono nella mia città, sono sola. Sono a casa mia sola.
A casa.
Mia.
Sola.
In quella casa dove sono nata e cresciuta.
Stamattina il mio primo pensiero è partito con l'altro genitore ed io poco dopo ho incontrato uno di cui mi ero innamorata quasi cinque anni fa.
Il mare, scrissi di lui tra le altre tracce scritte di luce luminosa e bianca. Forte bianca.
Il mare, la sua camera, due adolescenti, oggi l'ho rivisto.
Mai più lo vidi.
Oggi l'ho rivisto e lui era depresso, depresso da morire nei modi in cui piace a me, depresso lamentoso, depresso e gentile.
Depresso e mi ha fatto pure pagare il caffè a me.
Io mi sono innamorata delle mie compagne di collettivo e ora questo non c'entra nulla nonostante le mani fredde.
Lui era depresso ed io logorroica. Lui era depresso e io parlavo. Poi mi ha ricordato che gli piaceva assai il mio essere logorroica. Ma figurati a me cosa cazzo me ne frega che uno che non mi ha celebrata sia compiaciuto dal mio fiume di parole.
Almeno però sono qui.
E questo glielo devo.
Sono qui davanti al grande bianco dispositivo che suona (anche) Dylan.
Sono qui che scrivo le parolacce quando rovinano la forma e il contesto.
Le mani freddissime e allo stesso tempo azzeccose.
Leggere non mi riesce.
La consonante K.
Braccia fredde, mani freddissime, spalle con brividi, grazie. 
E per la signorina un caffè al tavolo 2.
Manco fossi in un'osteria.




giovedì 30 novembre 2017

-Zum Jahresende 2016 beschäftigte BASF 113.830 Mitarbeiter. [cit.]


Ritratto del giorno in cui ho compiuto 27 anni. Modificato da me. Un giorno in cui un collega dell'azienda di zombie dove ho lavorato è stato spinto a fornirci nuove foto professionali ufficiali. Stavo appena capendo che quello era un posto che mi stava mangiando da dentro.
Questo scatto non poteva stare dentro la foto della mail.
Mit freundlichen Grüßen,
Serena Palomba
Account Payable South Europe.
J. ed io siamo andati in quella piccola stanza spoglia e artificiale, perfetta per un piccolo meeting fatto di corpi come molluschi e teste disidratate.
Lui ha scattato delle foto. Era bellissimo, come sempre.
Solo un giorno provai a parlargli per raccontargli il mio disagio.
Provai con qualche altra persona.
Ma i corpi molluschi e le teste disidratate.
Dell'anno passato, molto buio e tanta ansia e frustrazione, poi da settembre tutto è cambiato. Ho sentito sapori e percepito odori  negli ultimi 80 giorni molto più che nell'ultimo anno.

giovedì 9 novembre 2017

-ricordo #1 / 1997

Ricordo quando mia madre aveva la Renault 4.
Bianca.
Ci portava al mare tutti.
Lei andava a lavorare ma ci portava comunque tutti al mare.
Mia madre è una con due ovaie grosse.
Belle grosse.
Me ne accorgo ora che sono madre anche io.
Me ne accorgevo già 10 anni fa quando quella Renault 4 lei se la caricava da sola a inizio giugno e se la scaricava -sempre da sola- a metà settembre.
Ed io e mia sorella con lei.
Ma senza il peso delle responsabilità.
Perché lei ha voluto fare la madre che ti lascia giocare.
Quella del "c'è sempre tempo per fare le cose dei grandi e per scoprire che il mondo è -ANCHE- una merda".
Non diceva proprio così.
Da mia madre le parolacce non le ho mai sentite.
Quelle le ascoltavo da mio padre ma per lo più dal mio migliore amico.
[un amico che sognavo essere il mio gemello.]
Forse perché mi sentivo sola.
Forse perché avevo bisogno di un compagno e della consapevolezza che questo non potesse abbandonarmi.
Perché gemello.



E comunque mia madre ci portava al mare con la sua Renault 4 grazie alla quale, all'età di circa 7 anni, mi graffiai profondamente la schiena per recuperare qualcosa finito sotto al sedile del guidatore.
Ricordo addirittura che forse eravamo a Cannigione.
Sicuramente eravamo fermi.
Ricordo che mia madre non c'era.
E anche che con me c'era un'amica o forse un amico.
Mi piace pensare che mia madre si fosse fermata un attimo, di fretta, velocemente, a comprare i ravioli ricotta e spinaci al negozio di pasta fresca dalle donnine sarde.
E sento viva come ieri la sensazione.
Quella del taglio sulla schiena.

mercoledì 8 novembre 2017

-dove non sono mai stata.

Mi hanno invitata ad andare con loro. Sento la pesantezza dei loro corpi sul mio. Mi accorgo che sono tanti dalle voci che sento. Ho distinto due voci di donna e almeno altre due di uomini. Una é del mio ex marito e non posso confonderla. 
Ma ha imparato la loro lingua e la sua voce prestata a questa lingua slava sembra quasi dolciastra. Tanto dolciastra da farmi venire la voglia di mangiarla. 
Metterla direttamente dentro la bocca.
Parla molto. Come non ha mai fatto prima. Non ha fatto altro che ricollegarsi dopo ventotto anni ad una lingua che ha imparato addirittura a scrivere e che a nove anni ha dovuto iniziare a dimenticare. 
Adesso, a quasi quarant'anni, sembra quasi un vecchio.
Me lo dice la sua mano. La sento gonfia. Le vene scoppiano. A tratti sento molto caldo. Ed é umido. Pesantemente umido. Strigo la sua mano forte. É salda. Mi sento al sicuro. Lui ha preso lo stesso odore  di quelle altre persone. Quella pesantezza mi aggancia perché sta nei loro corpi, in quello che probabilmente mangiano.
Nell'esalazione che i loro movimenti rilasciano. 
Inizio a sentire la musica sempre piú forte. Riconosco i tamburi. Il loro palpito. C'é anche fisarmonica. Se non é una fisarmonica non so cos'altro potrebbe essere.
É un suono che sento solo quando iniziamo ad avvicinarci.
Dicono che siamo quasi arrivati. A me sembra di stare camminando da ore. I piedi fanno male dall'esterno. La strada é scoscesa. Mi sembra sempre di essere ad un passo da un dirupo. Inciampo spesso. Lui peró non mi ha lasciato la mano nemmeno un secondo. Mentre camminiamo, alcune volte, il piede di Vincenzo mi urta la testa oppure una spalla. Deve essersi addormentato. Il suo corpo ha acquisito la pesantezza di quelle persone che hanno il suo stesso sangue. Il suo e quello di suo padre. Sento un calore fortissimo e sembra essere arrivato insieme alla musica. Sono sempre le note della fisarmonica. É un posto magico. Me ne accorgo subito. Sento quasi caldo. Stavo gelando un attimo prima.E adesso sento caldo. Un ginocchio quasi scotta. Se mi sposto sento che c'é un limite. Questo fuoco fa molto rumore. Schricchiola. Hanno smesso tutti di parlare. Finalmente gli lascio la mano. Ho bisogno di spogliarmi. Mi metto per terra e sento l'odore della terra che in dei punti é piú bagnata. C'é un piccolo tronco forse. Cambiano musica. Diventa piú forte. Sento quasi un urlo. Sento ancora di piú la fluiditá di quella lingua. Hannno iniziato a parlare. Sa di miele. Sembra che parlino quasi a scatti, ma cantando. L'odore dei loro corpi si mischia con quello dei cibi. Mi sembrano le cipolle con la carne. E quel miele delle parole assomiglia alle patate. Ho una fame nera. Non so chiedere da mangiare. Ho anche sete. Mi dicono qualcosa e dopo poco ho una scodella in mano. Il vapore mi pervade e mi bagna la faccia. L'odore di patata mi fa sentire lo stomaco che gorgoglia. Appena mi sposto sento freddo. Forse é per questo che puzzano. Passano in continuazione dal caldo al freddo. Mi sta facendo male il culo a stare su questo tronco. Il mio culo é diventato una pietra gelata. Appoggio i piedi da qualche parte. Quel miele mi travolge. Mi piace il tono che utilizzano. Ogni parola che dicono, ondeggia. C'é un'umiditá pazzesca. La sento nel naso. Mi cola. La carne ha un sapore fortissimo. Se sposto troppo i piedi, me li scotto. Le voci delle donne ora sono piú lontane. Le sento che ballano.

[da un esercizio del laboratorio di scrittura creativa: immagina di stare in un luogo sconosciuto e di non avere l'uso della vista. Non sei cieco, semplicemente non esiste la luce.]

sabato 28 ottobre 2017

-inverni.

10° con vento, rovesci e tanta umidità ma soprattutto con la percezione di 1°, servirebbero dei guanti, è quasi buio, io sto uscendo solo ora da casa dopo un ammontare di ore percepito infinito, ho scazzato con il mio compagno, sto andando da sola a vedere una proiezione al porno film festival, con "tag" gay -pensata tra l'altro proprio lui- e questo inizio di inverno non mi appare poi così spiacevole.


martedì 20 giugno 2017

-flusso #2.

É successo di nuovo.
Dopo tantissimo tempo.
Tocchi il fondo presa dalla merda.
Non mi metto le cuffie perché lui citofona ed io non lo sento.
Ma senza mi concentro meno.
Se peró so di non sentilo, é un casino.
È succeso di nuovo.
E quando succede mi devo buttare.
Ho un anello che vale una fortuna.
Mia madre é riuscita a farci sentire delle regine.
Surgilite.
Mi serve l'alienazione che sento a lavoro nel suono ma con il privilegio di ora che mi permette di fare quello che sto facendo.
Penso: vado fuori. Lo avviso. "Mamma lavora ad una cosa importantissima!".
"Avró le cuffie, non ti sentiró".
E giá lo vedo che si impanica.
Ho comprato questa barzelletta molti mesi fa, con qualche soldo che potevo spendere, per fare quello che sto facendo ed é la prima volta che pare che tutto sia dove deve stare.
Pare perché mancano le cuffie.
Devo seguire il flusso.
Ma se rischio penso che come ogni volta che giá lo ha abbandonato il padre e che mettermi le cuffie significherá un ennesimo abbandono.
Hai visto quanto si puó arrivare ad imparanoiarsi?
*
Tornato.
Distolta.
Ora ho le cuffie.
Distolta.
Ora ho le cuffie.
Lui é in casa e penso che non ce la potró mai fare.
Come quando salgo le scale di Storkower alle 13 e si percepiscono 33 gradi.
Infatti non ce la faccio.
Ecco, abbiamo scazzato.
No, in realta ho scazzato io e basta.
Lui ha solo 6 anni.
Si limita solo ad ammazzarmi.